domenica 30 agosto 2020

Il Vescovo di Catania al Concilio di Basilea

Nel corso della consultazione dei documenti dell’Archivio Privato Paternò Castello dei Principi di Biscari, presso l’Archivio di Stato di Catania, abbiamo avuto modo di apprendere dell’esistenza di un sigillo plumbeo che il Biscari riteneva essere stato apposto ad un diploma relativo ad una partecipazione al Concilio di Basilea. Da Catania, il 30 maggio 1772, il Principe di Biscari Ignazio Paternò scriveva al Canonico D. Domenico Schiavo una lettera con la quale lo informava di un “acquisto” fatto per il suo museo di antiquaria, costituito da un sigillo di piombo che gli era stato regalato dal M. Rev. P. Francesco Pasquale da Messina, Provinciale dei PP. Riformati di S. Francesco, che lo aveva prelevato dalla sua raccolta che aveva intitolato “Museum Mendicantis”. Così le parole del Principe di Biscari nella lettera indirizzata a Domenico Schiavo:

“[…] questo buon padre […] al rispettabile grado di provinciale, passando per Catania nelli scorsi giorni di questo mese di maggio […] fammi grazioso dono di uno piombo, che certamente autorizzò alcuno diploma del Concilio di Basilea, trovato nel territorio della vicina terra di Belpasso, in uno podere, chiamato del Petraro. […] Il sigillo in piombo pendeva a un laccio di canapa, o di seta, in cui appressa venisse la missione dello Spirito Santo sopra agli adunati Padri dall’ordine delle figure appresse in questo piombo possiamo congetturare, che questo sigillo formato fosse stato nell’anno 1433, in cui l’imperatore Sigismondo volle trovarsi presente a questo già indetto Concilio; come leggesi [ … ]. (1)

La certezza del Principe di Biscari che il sigillo di piombo avesse chiuso una Bolla autorizzativa di partecipazione al Concilio di Basilea, che di solito veniva racchiusa da un laccio di canapa o di seta, derivava dall’iscrizione che era incisa nel medesimo sigillo: “Sacrosancta Generalis Synodus Basileensis”. (2) La descrizione e la funzione della Bolla e del sigillo di piombo ad essa allegato, vengono specificate nelle parole della Costituzione del Concilio di Basilea: “De Bulla Plumbea: item ut gesta in ipsa Synodo durabiliori testimonio roboyentur, flatuit, & ordinat ipsa Synodus, quod de caetero in litteris suis authenticis utatur Bulla plumbea cum cordula canapis, aut serici, prout varietas causarum, & rerum postula bit, in uno missionis Spiritus Sancti in specie Columbaea, in alio vero lateribus horum verbo rum Sacrosancta Generalis Synodus Basiliensis sculpturas continente decernens eisdem plenam, & omnimodam fidem adhibentam fore.” (3) La copia inviata dal Principe di Biscari a Domenico Schiavo viene riprodotta nell’immagine sottostante.

Il Concilio di Basilea, come si rileva nel Dizionario Treccani, venne convocato nel 1431 da papa Eugenio IV e subito da lui sciolto. I cardinali conciliaristi che sostenevano la superiorità del concilio sul pontefice si opposero allo scioglimento dell’adunanza. La lotta si prolungò con alterne vicende che videro lo spostamento del concilio a Ferrara e a Firenze fino al 1439, quando si giunse alla deposizione del pontefice e all’elezione di Amedeo VIII di Savoia (antipapa Felice V). Grazie all’intermediazione di Carlo VII di Francia, si arrivò a una riconciliazione, all’abdicazione di Felice V e al riconoscimento del nuovo papa Niccolò V come pontefice legittimo (1449). La successiva ricerca bibliografica faceva rilevare come lo stesso evento fosse stato oggetto di una pubblicazione da parte di Domenico Privitera nel 1787 (4)

La datazione del sigillo di piombo viene ipotizzata dal principe di Biscari al 1433, utilizzando come fonte certificante il testo di Ottavio Strada “Le Vite degli Imperadori Orientali”, nonché il testo del Muratori “Annali d’Italia”. (5) Nella sua lettera a Domenico Schiavo il Principe di Biscari fa una precisa descrizione dell’immagine impressa nel sigillo di piombo, ipotizzando quali fossero i soggetti che potevano essere stati i destinatari-latori della Bolla a cui era allegato il sigillo. Così le parole del Principe di Biscari: “Mirasi adunque dalla parte destra di questo Piombo una figura dell’Imperador Sigismondo con corta barba, come il citato Strada rappresenta in una Medaglia l’effige di questo Cesare, coronato di gemmato diadema, terminando in una picciola Croce, avendo nella destra lo Scettro Imperiale, a canto al quale due caratteri si ravvisano, che forse il nome dell’Imperadore racchiudono. Sotto a questo una figura si vede, nella quale pel Cardinalizio Cappello deesi credere rappresentarsi il Cardinal Giuliano Cesarino Romano di nazione Diacono Cardinale di S. Angelo creatura di Martino V., che come Legato del Papa Eugenio IV., presedette a questo Concilio, come lasciò scritto Ludovico Antonio Muratori all’anno 1431. Si diede principio in quest’anno al Concilio Generale di Basilea, Presidente del quale fu a nome del Papa Giuliano Cesarino Cardinale di gran credito in questi tempi. Molte altre figure mitrate rappresentano i diversi Vescovi, che dall’uno e dall’altro lato disposti lasciano nel mezzo i luoghi per i Dottori, e Legati de’ Principi, che in fondo del Piombo si osservano. Nel rovescio di esso, che conservatissimo si mantiene, sta espressa la stabilita, ed ordinata leggenda: Sacrosancta Generalis Sinodus Basiliensis; e nell’orlo chiaro il buco si vede, per cui attraversava il laccio di canape, o di seta, per il quale restava pendente il Piombo al Diploma, non potendosi soltanto distinguere di qual delle due materie fosse stato. […].”. (6) Della Bolla, al pari di altre Bolle spedite in Sicilia da Re Alfonso, interessato a sostenere la celebrazione del Concilio di Basilea se ne conosce il contenuto, in particolare quella spedita al Vescovo di Catania Giovanni Pesce, che così recita: “Quatenus Sacratissima Decreta, & Constitutiones ejusdem almae Synodi iuxta in pagina, & literis ejusdem Plumbea Bulla cum cordulis canapis impendenti, ut moris est, bullatis, nostroque Sigillo munitis, hujusmodi ferie Sacrosancta Generalis Synodus Basileensis in Spiritu Sancto congregata&c.”. (7) Il Biscari non possiede gli elementi conoscitivi che gli possono permettere di capire a chi fosse destinata la Bolla di Re Alfonso a cui era allegato il Sigillo di Piombo di cui si parla; tuttavia egli ritiene che il destinatario fosse certamente uno dei diversi eminenti Catanesi che parteciparono al Concilio di Basilea. Un richiamo al luogo di ritrovamento del sigillo di piombo ed alla sua funzione viene fatta anche da D. Domenico Privitera, confermando quanto afferma il Biscari. (8) Il travagliato percorso del Concilio di Basilea può essere considerata, in qualche modo, la testimonianza delle stratificazioni, contrapposizioni ed aggregazioni politico-religiose che tra dalla fine del XIV secolo fino alla seconda metà del XV si correlarono alla destrutturazione ed alla ricomposizione degli equilibri di potere politico-militare europei. Non del tutto utile la sintetica descrizione che viene fatta del Concilio di Basilea dal Dizionario Storico della Treccani, che qui di seguito riportiamo, in quanto non fu Papa Eugenio IV ad indire tale concilio. La Treccani: “Concilio di Basilea convocato nel 1431 da papa Eugenio IV e subito da lui sciolto. I cardinali conciliaristi che sostenevano la superiorità del concilio sul pontefice si opposero allo scioglimento dell’adunanza. La lotta si prolungò con alterne vicende che videro lo spostamento del concilio a Ferrara e a Firenze fino al 1439, quando si giunse alla deposizione del pontefice e all’elezione di Amedeo VIII di Savoia (antipapa Felice V). Grazie all’intermediazione di Carlo VII di Francia, si arrivò a una riconciliazione, all’abdicazione di Felice V e al riconoscimento del nuovo papa Niccolò V come pontefice legittimo (1449).”  Sulle vicende antecedenti e coeve alla convocazione del Concilio di Basilea la fonte attendibile può essere considerato il testo di Monsignor Marco Battaglini, vescovo di Nocera, edito a Venezia nel 1704. Dalla lettura di tale testo apprendiamo come la sospensione del Concilio di Siena nel febbraio del 1424 per decisione di Papa Martino a seguito di alcune limitazioni imposte, secondo una certa versione ufficiale, ai movimenti dei partecipanti a tale Concilio dalla Città di Siena, indussero il Papa a dichiarare che erano venute meno le condizioni che potevano garantire la libera discussione in tale Concilio; conseguentemente nel febbraio del 1424 Papa Martino sciolse i Concilio di Siena  riconvocandolo, contestualmente, a distanza di sette anni nella Città di Basilea. Lo scisma religioso che da quarant’anni divideva la Chiesa stimolò, nello stesso periodo, la fazione dell’antipapa Clemente Ottavo ad indire un Concilio nella città di Tortosa nell’anno 1429. All’apertura del Concilio di Basilea, nel 1431, le condizioni di salute di Papa Martino non gli permisero di essere presente; cosa per cui incaricò e delegò il Legato Apostolico, Cardinal Cesarini, ad aprire e celebrare tale concilio. Dopo venti giorni dall’apertura del Concilio di Basilea Papa Martino morì dopo tredici anni di Papato. Il suo successore, il Cardinale Veneziano Gabriello, nipote di Papa Gregorio XII ed eletto con titolo di Eugenio IV, riconfermò la delega papale al Cardinale Cesarini ordinandogli di riunire il più presto possibile il Concilio di Basilea. Gli impegni di Stato che in quel momento gravavano sul Cardinale Cesarini non gli permisero di occuparsi personalmente e con la celerità richiesta dal Papa dell’avvio delle attività del Concilio di Basilea; pertanto incaricò l’Arcidiacono di Barcellona, Giovanni di Polimar, ed il Procuratore Generale dei Domenicani, Frà Giovanni di Ragusa, di provvedere agli atti necessari. Il Concilio, altresì detto Sinodo Generale di Basilea, venne così aperto il 19 luglio 1434, ma ben presto le iniziative del Cardinale Cesarini di convocare gli eretici a tale Concilio, senza l’assenso di Papa Eugenio IV determinarono il Papa a sciogliere il Concilio, cosa che avvenne il diciotto dicembre 1434, tramite un Pubblico Editto Papale, convocando, contestualmente, un altro Concilio nella città di Bologna. ( 9 )  Sulle dinamiche e sulle vicende che portarono il Sigillo di piombo nelle mani di P. Francesco Pasquale da Messina, il Biscari ipotizza che esso fosse stato asportato a causa di uno dei frequenti furti che avvenivano nei conventi monasteri e così conclude: “Se interi Codici dunque furono da questo Monastero [ dei Benedettini ] alienati, qual meraviglia può nascere, che la stessa sorte abbian corso le Pergamene, e molto più i loro Piombi, de’ quali non facevasi in quei tempi la convenevole stima ?”. (10)  Dopo il riscontro reso possibile dalle carte trovate presso l’Archivio di Stato di Catania, abbiamo voluto esaminare il contenuto dei Regesti dei Diplomi della Real Cancelleria, riferiti a Catania, presso l’Archivio Storico del Comune di Catania; tale ricerca ci ha permesso di reperire il Regesto di un Diploma riferito alla partecipazione di delegati catanesi al Concilio di Basilea, il cui testo originale si trova presso l’Archivio di Stato di Palermo. Si è quindi proceduto a richiedere, per motivi di studio la copia digitale del Diploma di cui trattasi all’Archivio di Stato di Palermo che, cortesemente lo ha inviato, ne ha autorizzato la pubblicazione e che noi riportiamo nell’immagine che segue.

Il luogo in cui venne ritrovato il sigillo plumbeo viene indicato con il nome “Petraro”, sito in territorio di Belpasso che il Biscari ritiene essere il luogo in cui sorgeva Hybla:

“Allontanandosi due in tre miglia da Paternò, entrerà il viaggiatore nel territorio di Belpasso, grossa popolazione appartenente al Principato di Paternò. Quivi in un territorio, chiamato il Petraro, troverà un poggio non picciolo, circondato di forti muraglie, e fortificato con torri. Sulla sommità di esso vedrà le rovine di un edifizio quadrolungo, che mostra aver sostenuto alcune volte; e vicino a quello le rovine, che sembrano di alcun tempio. Tanti monumenti che il viaggiatore ha osservato, così tra loro vicini lo faranno confermare nella idea, che qui fosse stata una città di gran nome, e si accorderà facilmente coi molti autori, i quali vogliono, che nelle vicinanze del presente Paternò fosse stata la mitica Ibla, contraddistinta dall’altre col nome di Maggiore.” (11)

BIBLIOGRAFIA

  1. Archivio di Stato Catania – Archivio Privato Paternò Castello dei Principi di Biscari [1094/P] [1041/*] – Appunti manoscritti e copia di lettere di Ignazio Paternò Castello su vari monumenti – carta n. 324:
  2. Lettera di Ignazio Paternò Principe di Biscari al signor Canonico D. Domenico Schiavo sopra un piombo del Concilio di Basilea – in Opusc. Sic., t. XIV – in Opuscoli di Autori Siciliani – tomo quartodecimo – alla grandezza di Giovanni Ventimiglia – in Palermo MDCCLXXIII – pp. 212-213.
  3. Lettera di Ignazio Paterno, cit. 213.
  4. Ignazio Paternò Castello II, di questo nome, e V. Principe di Biscari nacque da Vincenzo Paternò, ed Anna Scammacca l’anno 1719, in Catania […] – da Privitera Domenico – Elogio d’Ignazio Paternò Castello Principe di Biscari – Catania 1787, p. 16.
  5. Lettera di Ignazio Paternò, cit. pp. 214-215.
  6. Lettera di Ignazio Paternò, cit. pp. 215-216.
  7. Lettera di Ignazio Paternò, cit. p. 217.
  8. Domenico Privitera – Elogio d’Ignazio Paternò Castello Principe di Biscari – Catania MDCCLXXXVII – pp. 65-66.
  9. Marco Battaglini – Istoria Universale di tutti i Concilii Generali e Particolari celebrati nella chiesa – Presso Andrea Poletti Editore – Venezia 1704.
  10. Lettera di Ignazio Paternò, cit. p. 224.
  11. Ignazio Paternò Principe di Biscari – Viaggio per tutte le antichità della Sicilia – Napoli 1781 – 60-61.

venerdì 21 agosto 2020

Un misterioso tunnel segreto sotto piazza Duomo

Nel mentre stavo conducendo una ricerca volta ad individuare l’esistenza di antichi monumenti e la topografia del sito delimitato dall’odierna Piazza Duomo e da Piazza Università a Catania, mi imbattevo in alcuni documenti ed in una mappa, depositati presso l’Archivio di Stato di Catania, che descrivevano un corridoio sotterraneo di cui non si aveva notizia, in parte collocato nel sottosuolo tra l’odierno Palazzo Degli Elefanti e Palazzo Dei Chierici in piazza Duomo, che collegava in passato i due siti. La mappa relativa a questo corridoio sotterraneo, unitamente alla didascalia descrittiva dei singoli punti e ad altre indicazione connesse alle motivazioni per cui fu redatta tale mappa, vengo di seguito riprodotte e riportate. (1)

Rilevata l’esistenza dei documenti sopra riportati che certificavano in modo inoppugnabile l’esistenza di questo percorso sotterraneo, prima descritto, procedevo ad ampliare e circoscrivere una ulteriore ricerca mirante a reperire documenti, note storiche o scritti che testimoniassero eventuali notizie o testimonianze di tale percorso sotterraneo. Per avere una prima visione d’insieme delle possibili fonti ove ricercare notizie fornite dagli storici e studiosi dei secoli precedenti al XIX, abbiamo inizialmente consultato il testo di Guido Libertini “ L’indagine archeologica a Catania nel secolo XVI e l’opera di Lorenzo Bolano”, pubblicata in ASSO 1921, edito nel 1922. Dalla lettura di tale testo non sono emerse notizie specifiche, relative alle notizie pubblicate in quel secolo, che fossero direttamente collegabili al sottosuolo dell’odierna Piazza Duomo di Catania; un’indicazione generica è riferita agli studi dell’Arezzo.

Seguendo una sequenzialità cronologica delle notizie trovate nel corso di tale ricerca, abbiamo trovato una prima notizia che ci proviene da un testo di Vincenzo Bondice, che scrive nel 1860, riportiamo:  “ Ebbe altresì Catania innalzato un tempio alla dea Proserpina  Luna. Era l’anno 1772 e scavavansi le fondamenta del Senatorio Palagio [ di Catania], quando per quel sito, che tramontana guarda, gli avanzi di un tempio si scoprivano e numerose colonne di marmo colle basi e moltissime pietre intagliate. Di faccia al portico dell’anzidetto Palagio a settentrione circa 30 palmi siciliane distanti, si scopersero di più alcuni sotterranei viali capaci a comunicarvi comodamente un uomo; che questi viali siano stati acquedotti, si scorgea dalla disposizione delle fabbriche che givano a terminare senza che terminassero i viali. Pare dunque indubitato, che questo luogo sia stato di quei penetrali, destinati agli oracoli, che comunicavansi dai sacerdoti Gentili ai popoli, per ministero di un foro, che avevano le statue degli dei dalla parte deretata sino al labbro di esse simili a quelle, che osservai l’anno 1842 negli antichi templi della elegantissima città di Pompei. Volevasi dal principe di Biscari che se ne fosse continuato lo scavo, ma fu impedito dal proseguimento della grandiosa fabbrica del sunnomato Senatorio Palagio. Il Bolano, l’Arcangelo, Carrera, ed Amico portavano opinione che in questo luogo fosse il tempio o Foro della Luna, o Proserpina per cui sin l’età dei medesimi questa piazza, o Piano della Luna è chiamato. – Noi diciamo Piano del Lunedì o di Luni poiché ogni giorno di lunedì hassi in questa piazza un abbondante mercato. (2) Dalle notizie forniteci dal Bondice dovremmo, quindi, concludere che il percorso sotterraneo descritto nei documenti trovati all’Archivio di Stato di Catania iniziasse dal sottosuolo di quello che un temo fu il tempio dedicato alla dea Proserpina.

Altri elementi descrittivi dell’odierna Piazza Duomo e dei monumenti che un tempo vi esistevano, che ci aiutano a capire la topografia complessiva del sito, possiamo trarli da un testo di Giovanni Florio Castelli, che scrive nel 1866, riportiamo: “Le Terme nominate Achillee formavano la magnificenza in Catania ai tempi dei Romani. Vasto era l’edificio ed ammirabile. Rovinate le camere, distrutti i muri, spezzate le iscrizioni le colonne, ed altri ornamenti furono per molti secoli abbandonati (22). Si eresse la gran chiesa della Vergine e Protomartire catanese S. Agata per opera del Conte Ruggeri nell’anno 1091 su di alcune rovine delle Terme Achillee, e non ostante la distruzione, e le fabbriche della chiesa sotto la stessa esistono ancora diverse camere nelle quali si scende dal cimitero. Il Seminario dei Chierici pure fu eretto su altre rovine delle Terme, e così il gran palazzo della Loggia, oggi Casa Comunale della quale si è fatto cenno, parlando del Tempio della Dea Luna, nelle note. [ … ] Era l’anno 1772 e scavavansi le fondamenta del Senatorio Palagio, quando per quel sito, che tramontana guarda, gli avanzi di un tempio si scoprivano e numerose colonne di marmo colle basi e moltissime pietre intagliate. Di faccia al portico dell’anzidetto palagio a settentrione cira 30 palmi siciliane distante, si scopersero di più alcuni sotterranei viali capaci a comunicarvi tranquillamente un uomo; che questi viali siano stati acquedotti, si scorgea dalla disposizione delle fabbriche che givano a terminare senza che terminassero i viali. Pare dunque indubitato, che questo luogo sia stato di quei penetrali, destinati agli oracoli, che comunicavansi dai sacerdoti Gentili ai popoli, per ministero di un foro, che aveano le statue degli dei dalla parte deretata fino al labbro di esse simili a quelle, che osservai l’anno 1842 negli antichi templi della elegantissima città di Pompei. [ … ]”. (3)

Anche Guglielmo Policastro ci fornisce altri elementi conoscitivi del sito di Piazza Duomo a Catania: “La Santa [Sant’Agata] usciva dalla porta maggiore della cattedrale: posta sul fercolo, si partiva dalla grande piazza – Platea magna – e per la via sacra ( aperta nel 1622, con la demolizione di un’antichissima muraglia tra il palazzo Senatorio, allora di fronte alla Cattedrale, e quello vescovile, attaccato al Duomo e che si distendeva sino alla metà dell’ex Seminari  dei Chierici) entrava per la Porta dei Canali e di Carlo V, situata sotto il balovardo di S. Agata[…].”.(4)

Ed ancora da un manoscritto di Girolamo Pistorio ricaviamo notizie riferite ad alcuni condotti sotterranei esistenti a Piazza Duomo a Catania: “ Rispetto al Portico di esso nuovo Senatorio Palazzo a settentrione non più di quattro canne lontane si scopreano alcuni sotterranei viali, capaci a camminarvi comodamente un uomo – che non erano per acque si vedea dalla disposizione delle fabbriche, che givano a terminare – io avrei battezzato questo luogo per uno di quegli antri designati agli oracoli, de’ quali tratta il celebre Candela. Sia come si voglia, che Proserpina, da altri Luna chiamata siasi venerata da Catanesi Gentili si a dalle medaglie istesse di Catania – Ma chi saria curioso d’osservare esattamente questa rimasuglia di antichità, bisognerebbe, che faccia riscavare il terreno riempito di terra.”. (5)

L’area di piazza Duomo a Catania è stata interessata dall’indagine archeologica realizzata tra il 1975 ed il 1978 dall’Istituto di Archeologia dell’Università di Catania, guidata dal Prof. Giovanni Rizza, con articoli del Prof. Filippo Giudice e dell’Architetto Francesco Tomasello, che furono pubblicati nel n. 18 del 1979 di “Cronache di Archeologia”. In particolare Francesco Tomasello nel suo articolo “Catania, Piazza Duomo. Contributo per la restituzione dell’impianto urbano della città settecentesca”, pubblica la mappa planimetrica sotto riportata in cui sembrerebbe chiaramente evidenziato il tratto finale del sotterraneo che collegava il sito dell’odierno Palazzo Degli Elefanti con il sito dell’odierno Palazzo Dei Chierici, in prossimità di quest’ultimo. (6) L’indagine archeologica venne avviata in seguito all’affioramento dei resti di imponenti strutture murarie, emerse a seguito degli scavi effettuati a piazza Duomo per realizzare il completamento della rete fognante, realizzando il collegamento con i collettori fognari provenienti da Porta Uzeda, via Vittorio Emanuele e via Etnea. L’indagine archeologica non poté, però, proseguire autonomamente, dovendo espletarsi nell’ambito degli scavi effettuati per completare la rete fognaria, come testimoniato dal Prof. Giovanni Rizza:  Purtroppo le difficili condizioni del terreno non permisero un adeguato ampliamento dell’indagine, che forse avrebbe potuto dare qualche preziosa indicazione sui sottostanti livelli di età romana, e su eventuali strutture da mettere in rapporto con gli impianti termali che si conservano sotto la cattedrale. Fino circa a tre metri di profondità lo scavo infatti incontrò ancora strati di età medioevale [ … ]”. (7)

BIBLIOGRAFIA

  1. Archivio di Stato Catania – Tribunale Civile Catania – Planimetrie, Piante Topografiche allegate alle perizie 1820-1889 – Busta n. 20 – fasc. n. 4 – p. 19 – Pianta Topografica ad acquerello del sotterraneo tra il Seminario dei Chierici ed il Comune di Catania ( Platania Musumeci Corsaro Giovanni – Nicotra Gaspare ) anno 1837.
  2. Vincenzo Bondice – Gli antichi monumenti di Catania – Estratto dal giornale “ Il mondo del culto” 1859 e 1860 – Palermo 1860 – pp. 14-15.
  3. Giovanni Florio Castelli – Memorie storiche intorno la distruzione dei vetusti monumenti di Catania – Stabilimenti tipografico Caronda – Catania 1866 – pp. 21-22 .
  4. Guglielmo Policastro – Catania prima del 1693 – S.E.Internazionale – Catania 1952 –p. 12.
  5. Girolamo Pistorio – Manoscrito presso la Biblioteca Ursino Recupero di Catania – p. 2.
  6. Francesco Tomasello – Catania, Piazza Duomo. Contributo per la restituzione dell’impianto urbano della città settecentesca – in Cronache di Archeologia, n. 18, 1979, p. 121.
  7. Giovanni Rizza – Catania. Scavi e scoperte negli anni 1975-1978 – in Cronache di Archeologia – n. 18, 1979, p.104.

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