sabato 27 novembre 2021

Come Bernardo Cabrera tentò di rapire Bianca di Navarra

Dopo la morte del Re Martino il Giovane, marito di Bianca di Navarra, Bernardo Cabrera per perseguire il suo progetto di sposare Bianca di Navarra, Il Cabrera insegue Bianca di Navarra fino a Palermo dove si era recata dopo che la Regina aveva trovato momentaneo rifugio a Castronovo, sempre inseguita dal Gran Giustiziere. L’ultimo tentativo di rapire la regina Bernardo Cabrera lo effettua il 18 ottobre 1411 a Palermo nel palazzo dei Chiaramonte nella piazza della Marina, palazzo detto Lo Steri, sito scelto dalla Regina privilegiando per poter avere vicino una rapida via di fuga costituita dalla vicinanza al mare e dalla galea di Raimondo Torrellas ormeggiata al porto. Le vicende precedenti al tentativo di rapimento di Bianca di Navarra avevano avuto luogo durante la guerra scoppiata tra le fazioni che sostenevano Bianca di Navarra e Bernardo Cabrera, nel corso della quale si registrano una serie di episodi che hanno lasciato vaste ed importanti tracce nei documenti storici nelle cronache del tempo che riguardano la fortezza e la prigione di Motta Santa Anastasia dove il Cabrera venne rinchiuso dopo la sua cattura. Il primo episodio che riguarda la Motta di Santa Anastasia, durante il periodo che va dal 1410 al 1412, avviene nel 1410, allorchè Bernardo Cabrera sottrae al Regio Demanio rappresentato da Bianca di Navarra, il controllo del castello della Motta di Santa Anastasia, posto sotto il controllo militare delle truppe dell’Ammiraglio di Sicilia Sancho Ruiz de Lihori: nel castello della Motta di Santa Anastasia, nel 1410, erano ancora tenuti prigionieri i nobili genovesi catturati dalla flotta aragonese-siciliana durante la guerra di Sardegna. Bernardo Cabrera conquista il castello della Motta e libera i prigionieri genovesi, in attesa di essere riscattati da Genova; ponendo in tal modo un forte presidio contro la città di Catania. Il 28 dicembre 1411: “… giorno della festa dei Santi Innocenti, l’ammiraglio Sancio Ruiz entrò nascostamente a Catania, dalla parte delle mura che viene chiamata Porta Nuova, occupò la città in nome della Regina Bianca e cacciò dalla sede del vescovado, dove si era riparato, il Filangeri che, insieme alla moglie e ai suoi accoliti, andò a rifugiarsi nella rocca di Motta Sant’Anastasia presso il Cabrera. Non molto tempo dopo, anche la rocca di Motta cadde in possesso di Bianca e Sancio trasse via il Cabrera prigioniero, …”. (1) Nel corso del 1411 il castello della Motta di Santa Anastasia sarà riconquistato dalle truppe dell’Ammiraglio Sancho Ruiz de Lihori e, nel 1412 sarà il luogo dove Bernardo Cabrera, catturato dall’esercito di Bianca di Navarra nell’agosto del 1412 a Palermo, sarà tenuto prigionieri per diversi mesi, prima di essere trasferito prigioniero nel Castello Ursino di Catania: la cattura di Bernardo Cabrera fece così venir meno l’organizzatore dell’opposizione a Bianca di Navarra e determina la fine di quasi tutte le ostilità sul territorio siciliano. Il 29 dicembre 1411 Sancho Ruyz de Lihori  rioccupa Catania, dove il Cabrera aveva posto come Governatore Giovanni Filangeri. Mentre accadevano questi avvenimenti in Sicilia, in Aragona il padre di Bianca di Navarra interviene nella riunione delle Corti dei tre Regni Spagnoli chiedendo un intervento per frenare la violenza del Cabrera contro la figlia Bianca: gli ambasciatori dei tre Regni Spagnoli sbarcarono a Trapani il 12 gennaio 1412 ed inviarono Pietro Martini da Bianca di Navarra con la richiesta di far arrivare loro la galea di Pietro Torrellas per accompagnarli presso di lei a Palermo. Il Cabrera avvisato dell’arrivo degli ambasciatori e conscio delle possibili conseguenze della loro missione, tenta di mettere gli stessi di fronte alla situazione di fatto costituita dalla cattura di Bianca di Navarra. Nella notte tra il 13 ed il 14 gennaio 1412 il Cabrera tenta un ultimo colpo di mano e cerca di rapire nuovamente Bianca: questa, avvisata dell’arrivo del Cabrera a palazzo Steri, fuggì celermente dal palazzo con le sue damigelle, imbarcandosi sulla galea di Raimondo Torrellas che si trovava li vicino. Entrato in Palermo il Cabrera irruppe con i suoi a palazzo Steri dove pensava di trovarvi Bianca; ciò che fece il Cabrera, raccontato dal Maurolico, viene ritenuto veritiero dal Di Blasi che lo riferisce: “ Ma quali fossero queste debolezze; e quali azioni da pazzo lo racconta il Maurolico scrittore, cui non può darsi traccia di menzognero. Riferisce egli, che entrato nella stanza, dove la Regina dormiva, e avendo trovato il letto sconvolto, ed ancora caldo abbia detto: se ho perduta la pernice, rimane nelle mie mani il nido.”
Ubi cernens cubile turbatum, quate solet ad subitum timore delinqui, perdicem,  ait, perdidi, sed nidum teneo. Soggiunse poi cose incredibili ed orrende, volendo, che spogliatosi delle sue vesti si coricò nelle tiepide piume, fiutando come un cane da caccia colle narici all’odore della preda: Protinusque depositis vesti bus, lectum, ut adhuc erat tepidum, subit, et per totum feraqe se odore delectari.
Così elegantemente si esprime questo dotto messinese. Sembra però inverosimile, che un uomo di età provetta, di cui avevano tanto conto i nostri Sovrani ed specie Martino il Vecchio, e che era investito dalla Suprema Magistratura di Gran Giustizier e di tutto il Regno, abbia potuto cadere in simili debolezze, ne può altrimenti credersi vero questo fatto, se non supposto, che gli abbia dato di volta al cervello. Quel che è certo si è, che egli saccheggiò il palagio, dove abitava la regina Bianca; e s’impossessò di tutte le gioie, e mobili di questa principessa, che furono di poi valutate dieci mila fiorini …  .” (2)
Bibliografia
  1. Amico V.- Catana illlustrata- vol. II, pp. 179-180.
  1.  Di Blasi Giovanni Evangelista – Storia del Regno di Sicilia dall’epoca oscura e favolosa sino al 1774 - p. 605.

lunedì 1 novembre 2021

Dante trattava versi divini, iu inveci trattu vini diversi

Nino Puglisi, che fu Bibliotecario Comunale a Motta Santa Anastasia, dice di Carmunu Carusu, nella sua introduzione al libro di poesie di Carmunu Carusu: “ Abitava proprio nella piazza principale di Motta, ove la moglie gestiva una piccola rivendita di generi alimentari e nei giorni di riposo veniva chiamato dalla folla per recitare qualcosa. E il poeta – ‘stantaniu – era la, sul balcone, ad accontentare, perché chi vive in mezzo al popolo non può e non deve esimersi dalle richieste di esso. Per il popolo ‘ poeta’ equivale a ‘ uomo saggio ’ che ha sempre qualcosa da dire di bello e di utile, in quanto il poeta ammaestra dilettando. Il poeta catanese dialettale Scandurra lo chiamava  Maestro? E si esaltava parlando di lui e diceva che Caruso era ‘ Ginuinu’, cioè non ‘ Tuccatu né da camula e né da rannula’ alludendo a quei poeti che, oltre ad essere scopiazzatori delle cose altrui, scrivevano senza ‘ Sintimentu”. Alcuni aneddoti della sua vita sono stati raccontati da Mariano Foti nel suo libro “ Elysia” e la cui narrazione riportiamo integralmente. Dice Mariano Foti nel parlare del rione catanese Zia Lisa: “ Non possiamo qui tralasciare un personaggio molto apprezzato nel nostro rione ‘ u zu Carmunu ossia Carmelo Caruso ( 1840-1914) un dei più quotati poeti dialettali. Dalla Natia Motta Santa Anastasia scendeva spesso alla Zia Lisa e, quale modesto mediatore di vino all’ingrosso, trattava con fondacari e vinai. Dal suo commercio però non riuscì mai a ricavare gran che, e visse sempre in umiltà una vita piuttosto contadina. Per questo rimase poeta. Di intelligenza veramente elevata, fu fonte inesauribile di versi siciliani. In tutte le circostanze si dava a improvvisare a getto continuo e molti correvano ad ascoltarlo. Tra le sue composizioni poetiche ricorderemo: ‘ ‘U nespulu’, ‘ I Zappuliaturi’, ‘ I Quattru elementi’, ‘ A Leva’, ‘Lu Ucceri’, ‘ I Dubbi’,. Si aggiungano i poemetti religiosi: ‘ Morti e Passioni di Nostru Signuri Gesù Cristu’, ‘ San Giovanni’, ‘ Sant’Anastasia’, ‘ A Madonna ‘o Carmunu’, e altri. A un tale che che gli disse: ‘ Zu Carmunu vui siti n’autru Dante’, dopo una sonora risata rispose con sapiente acutezza riferendosi al suo mestiere di ‘ vinaloru’: ‘‘A DIFFERENZA È CA DANTE TRATTAVA VERSI DIVINI, IU INVECI TRATTU VINI DIVERSI”. Una volta, suo malgrado, fu spinto a uno scontro con Mario Rapisardi. Questi, che insegnava letteratura italiana nella nostra Università, venuto a sapere che a Motta c’era un autentico poeta, con un suo alunno gli mandò a dire che l’avrebbe incontrato con piacere. Carmunu rispose con uno dei motti più espressivi del nostro repertorio popolare: ‘ Cu beni mi voli, ‘casa mi veni’. Rapisardi, fortemente offeso, gli inviò un biglietto oltraggioso con la scritta: ‘ Fango sei’. Il Caruso immediatamente  ribattè:

‘Fangu fu Adamu e fangu semu tutti,

e di fangu fu nata la virtù;

è tuttu fangu chiddu ca s’agghiutti,

comu di fangu fusti fattu tu !'.

Carmunu Carusu nella foto tratta dalla seconda edizione del libro di Nino Puglisi che ha curato la raccolta delle sue poesie, pubblicata nel 1997 a cura dell’Associazione Casa Normanna Rione Vecchia Matrice.

Critolao il più famoso sarto di Sicilia

Gaius Licinius Verres ( Verre) venne nominato Pretore di Sicilia nel 73 a.C. ed usufruendo di una imprevista proroga del suo mandato dovuta ...